Cinque anni, una vita

E così sono passati cinque anni. Cinque anni da quel maledetto 1° marzo in cui ho incontrato il fattore C. Cinque anni da quel 26 marzo che lo ha tolto dal mio corpo. Cinque anni da quel 24 aprile che mi ha tolto i linfonodi e lasciato una piccola invalidità al braccio sinistro. Cinque anni da quel 24 maggio in cui ho fatto la prima puntura di Enantone e ho abbandonato per sempre la mia vita fertile. Cinque anni da quel 19 luglio in cui ho iniziato 36 sedute di radioterapia. In tutti questi Cancer-versari pensavo che avrei scritto per parlarne, ma non sono riuscita perchè i miei anniversari si sono mischiati ad altri avvenimenti, alcuni dei quali tremendi: alcuni amici se ne sono andati stroncati da questo male, e la loro partenza mi ha mandato in pezzi, mi ha fatto sentire ingiustamente graziata da una sentenza comune…

Poi l’evento felice, mia figlia si è diplomata e anche questo mi ha riportato a quei giorni, mentre lei sosteneva l’esame di terza media, la prima prova della sua vita, e io iniziavo la cura col Tamox e cercavo di essere positiva dicendole che avremmo terminato insieme: io la cura e lei il liceo. E ora è partita, prima le capitali europee, ora il campeggio in montagna,  e noi due a doverci reinventare una vita da soli, sempre genitori ma in modo diverso, meno presente.

Ed ora pare facile  il futuro davanti, ma mi spaventa ogni giorno non dover prendere nessuna medicina, e il sonno perduto nelle smanie della menopausa indotta non l’ho mai più ritrovato, nè tranquillanti nè tisane riescono a riportarmelo indietro, così come non si possono riavere gli anni trascorsi.

Sento che questi cinque anni di cure hanno accelerato il ritmo che avrebbe avuto il mio invecchiare, a 47 anni ero nel pieno della forma e della forza fisica, che non ho più ritrovato, ed ero convinta che sarei invecchiata piano, come mia madre e mia nonna, belle sino a tarda età, forti ed energiche come io non sono mai stata.

Ma soprattutto non ho più ritrovato l’entusiasmo e l’energia vitale che avevo, e che ho speso in questa lotta, per non mollare di un millimetro nei confronti del male, per arrivare a questo traguardo. E c’è una cosa che non mi abbandonerà più e che prima non conoscevo: la paura. La paura che torni.

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Forever, Anastacia?

Oggi tutti i comemntatori di Facebook si sono scatenati sulla guarigione della cantante Anastacia dal cancro al seno, per la seconda volta in dieci anni, lei dice che stavolta è “forever”, per sempre.

Naturalmente auguro tutto il bene possibile a questa donna, che apprezzo per il suo talento e il suo coraggio, ma quel “per sempre” detto a cinque mesi dalla diagnosi, non a a cinque anni, mi pare troppo precipitoso.

Ancora più precipitoso mi pare il coro di lodi che lo accompagna, prima tra tutte quella della Fondazione Veronesi, che si è sbrigata a scrivere “Iniziamo la domenica con una bella notizia! ‪#‎anastacia‬ torna in scena, questa volta ha sconfitto per sempre il ‪#‎tumore‬ al seno. Siamo davvero felici per lei!”

Molte donne hanno subito commentato incredule e ci auguriamo che la persona incaricata di aggiornare le pagine della fondazione voglia approfondire notizia e dati prima di scrivere altre cose del genere: tutti sanno che prima di poter dichiarare una guarigione occorrono 5 anni, che si è “liberi da malattia”, ma non guariti, che se c’è stata una recidiva dopo 10 anni spesso vuol dire che si è geneticamente predisposte a questo tipo di tumore.

Come donne colpite da questa malattia esigiamo rispetto per la nostra lotta, per i nostri corpi feriti, per la nostra paura che tutto ricominci da capo e rifiutiamo le facili predizioni di guarigione legate alla notorietà dei personaggi dello spettacolo, quasi che per loro, tra tanti privilegi, ci sia anche quello della guarigione più rapida.